Lo spread in calo è davvero merito dell’Italia?

Violetta Silvestri

19 Marzo 2024 - 12:32

Perché lo spread Btp-Bund è in calo e come leggere davvero il dato? Un’analisi sui conti pubblici italiani, con la minaccia del debito ancora allarmante secondo gli osservatori.

Lo spread in calo è davvero merito dell’Italia?

L’Italia sta davvero guadagnando fiducia sui mercati finanziari? Lo spread Btp-Bund suggerisce di sì, considerando che viaggia sui 123 punti come non accadeva da novembre 2021.

Il differenziale tra i titoli di Stato decennali della Germania e del nostro Paese è da sempre il metro di misura per valutare la condizione di solidità economica e di credibilità sui conti pubblici dell’Italia, osservata speciale per il suo alto debito in rapporto al Pil.

Uno spread in evidente calo, unito allo straordinario successo per i titoli di Stato emessi recentemente dal Mef hanno riacceso il dibattito sulla capacità italiana di ottenere fiducia su crescita ed efficienza.

Tuttavia, lo sguardo attento di investitori, analisti e osservatori anche stranieri continua a notare ombre sul futuro italiano. In sostanza, pur con segnali di ripresa, l’Italia resta in pericolo a causa del debito e dell’incapacità di ridurlo seriamente nel tempo.

I (veri) motivi del calo dello spread Btp-Bund

Nemmeno all’estero è sfuggito il trend in calo dello spread Btp-Bund: il divario tra il rendimento dei titoli di Stato italiani e quelli dei titoli tedeschi equivalenti – un segnale attentamente monitorato della fiducia degli investitori negli asset italiani più rischiosi – si è ridotto la scorsa settimana a 1,15 punti percentuali (115 punti base), un minimo di 26 mesi si legge su Reuters.

Tuttavia, la maggior parte degli analisti afferma che la sovraperformance dei titoli di Stato italiani è guidata principalmente dalle aspettative sui tassi di interesse e dalla politica della Banca Centrale Europea e ha poco a che fare con l’economia e le finanze pubbliche del Governo Meloni.

“Lo spread continua a restringersi mentre gli investitori si affrettano a bloccare rendimenti vicini a livelli che non si vedevano da oltre un decennio”, ha osservato Erjon Satko, stratega dei tassi di BofA.

Con i mercati che scontano i tagli dei tassi di interesse della Bce a partire da giugno, i potenziali acquirenti sono attratti dai rendimenti ancora offerti dai BTP italiani e vedono il rischio Paese limitato dalla prospettiva delle misure di Francoforte per ridurre gli spread, se necessario.

“Siamo ora in quella che io chiamo una nazionalizzazione del mercato obbligazionario europeo in cui un market maker - la Bce - può potenzialmente fermare qualsiasi speculazione contro il debito sovrano”, ha affermato Christopher Dembik, senior investment advisor di Pictet AM.

Non solo. Per la prima volta negli ultimi decenni probabilmente la Germania ha rubato la scena all’Italia per quanto riguarda le previsioni pessimistiche sulle condizioni economiche. Una recessione tecnica accertata, una crisi industriale che blocca la ripresa, un clima di sfiducia generale dei consumatori e un Governo in bilico hanno indebolito la locomotiva d’Europa, trasformandola nel malato d’Europa.

Di conseguenza, se a inizio 2024 il Btp aveva un rendimento del 3,71%, poco mosso da quello attuale, lo stesso non può dirsi del titolo decennale tedesco. Il Bund rendeva poco più del 2% a gennaio e oggi viaggia sul 2,45%. La riduzione dello spread, quindi, molto dipende dal balzo dei rendimenti in Germania, sintomo di una sfiducia nella ripresa del Paese.

Gli analisti, d’altronde, non si stancano di notare che il deficit di bilancio nella terza economia della zona euro è stato pari al 7,2% della produzione lo scorso anno, più del doppio della media stimata del 3,2% per il blocco di 20 nazioni.

Sfiducia sul debito italiano

Commerzbank ha affermato in una nota ai clienti che il rally dei titoli di Stato italiani probabilmente si esaurirà nella seconda metà dell’anno a causa del peggioramento delle prospettive di crescita e del debito pubblico.

Citibank ha avvertito questo mese che il recente calo del rapporto debito/Pil dell’Italia è destinato ad attenuarsi, se non a invertirsi, nei prossimi anni a causa delle esigenze di finanziamento ostinatamente elevate.

Con 2.900 miliardi di euro, il debito di Roma è uno dei più grandi al mondo, pari al 137% del prodotto interno lordo alla fine dello scorso anno, il secondo rapporto più alto nella zona euro dopo quello della Grecia.

Nonostante un livello tale di indebitamento, il Governo Meloni ha aumentato l’obiettivo del deficit di bilancio per l’anno successivo al 4,5% del Pil rispetto al 3,4% ereditato dal suo predecessore Mario Draghi.

Da evidenziare che la ragione principale di tale squilibrio nei conti è un piano di sgravi fiscali che si è rivelato infinitamente più costoso del previsto. Introdotto nel 2020, il cosiddetto “Superbonus” originariamente avrebbe dovuto costare 35 miliardi di euro in 15 anni, ma ora il Tesoro stima che siano già stati spesi l’incredibile cifra di 150 miliardi di euro.

La cosa più preoccupante è che il regime peserà sui conti pubblici fino al 2035 poiché i beneficiari continueranno a detrarre i lavori di costruzione dalle loro imposte, esercitando una costante pressione al rialzo sul debito pubblico.

L’allerta sull’Italia è ancora alta. Il rapporto debito/Pil è diminuito rispetto al picco del 2020 a causa della ripresa della crescita post-pandemia e dell’impennata dell’inflazione. Tuttavia, notano gli esperti su Reuters, entrambi i fattori si stanno indebolendo.

“Il rapporto debito/PIL probabilmente aumenterà significativamente da ora in poi senza una notevole riduzione del deficit di bilancio”, ha detto l’analista della Commerzbank Marco Wagner.

Gli analisti vedono una crescita italiana di appena lo 0,7% quest’anno, contro la previsione ufficiale di Roma dell’1,2%.

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