Italia, investitori pronti alla fuga. Ecco perché

Violetta Silvestri

18/04/2024

Torna un clima di sfiducia nei confronti dell’Italia? Perché si parla, di nuovo, della possibilità di fuga degli investitori dalle obbligazioni del nostro Paese? Un’analisi.

Italia, investitori pronti alla fuga. Ecco perché

Italia tra luci e ombre: se da una parte le ultime previsioni sul Pil mostrano che la crescita, tra alti e bassi, comunque proseguirà dall’altra gli investitori (soprattutto stranieri) iniziano a dubitare sulla solidità del Belpaese. Sarà fuga dagli investimenti nelle obbligazioni italiane?

Il quesito è emerso da analisti esteri e, al netto delle considerazioni più “maligne” sul pregiudizio internazionale verso la capacità italiana di tenere i conti in ordine, si basa su alcune considerazioni relative a temi cruciali per il nostro futuro: il nodo debito, il recente aumento del deficit certificato dal Governo nel Def, il ruolo della Bce come garante dei nostri titoli di Stato.

In sintesi, leggendo un’analisi pubblicata su Reuters, ci si chiede se gli investitori che si sono accaparrati obbligazioni italiane ad alto rendimento nell’ultimo anno, partendo dal presupposto che fossero protetti dal rischio da parte della Banca centrale europea, possano ancora considerare i loro investimenti al sicuro.

Per sciogliere il dubbio, gli analisti chiamano in causa la Bce e l’uso eventuale dello strumento TPI creato proprio per evitare instabilità obbligazionarie in Eurozona. Ovviamente, in primo piano c’è anche la credibilità dei conti pubblici italiani.

La Bce salverà l’Italia? Investitori pronti a vendere Btp

La Bce ha presentato il suo Transmission Protection Instrument (TPI) nella riunione di luglio 2022 come strumento per contrastare qualsiasi ampliamento “ingiustificato” degli spread obbligazionari tra i 20 Paesi della zona euro. Parte da qui l’analisi critica nei confronti dei titoli di Stato italiani.

Lo schema, secondo il quale la banca interverrebbe per acquistare i bond di un Paese colpito da turbolenze di mercato, non è mai stato utilizzato, ma gli analisti affermano che la sua presenza come backstop ha incoraggiato gli investitori a puntare sull’Italia. Anche se il nostro Paese era afflitto da alto debito e nonostante i suoi conti statali poco in ordine, lo scudo Bce avrebbe comunque garantito una certa stabilità.

Tuttavia, proprio adesso si osserva che l’Italia risulterebbe non idonea all’accesso al TPI e questo avrebbe grandi implicazioni per gli acquirenti di obbligazioni italiane.

Con il divario di rendimento tra i Btp decennali italiani e i Bund tedeschi che attualmente si aggira intorno a soli 1,4 punti percentuali (140 punti base), non vi è alcuna prospettiva a breve termine dell’utilizzo del TPI, ma i mercati guardano avanti.

“Il TPI ha fatto il suo lavoro così bene negli ultimi due anni che anche il solo accenno che solo alcuni funzionari della Bce considerino l’Italia non idonea al sostegno renderebbe le sue obbligazioni molto più vulnerabili, ha affermato Tim Jones, analista della zona euro presso Medley Advisors.

L’Italia ha dichiarato infatti che quest’anno si troverà ad affrontare quasi certamente una “procedura per disavanzo eccessivo” (EDP ) da parte della Commissione Europea a causa dei suoi persistenti squilibri fiscali.

Ciò ha provocato una raffica di note da parte delle banche di investimento ai clienti, perché uno dei criteri della Bce per l’attivazione del TPI è che i Paesi non devono essere soggetti a una EDP o, se lo sono, devono aver adottato le azioni correttive richieste. Qualcuno ha cercato però di ridimensionare il contesto con toni meno allarmanti.

C’è troppo allarmismo sull’Italia?

Qualcuno ha cercato però di ridimensionare il contesto con toni meno allarmanti. Se l’Italia dovesse trovarsi in una procedura per disavanzo eccessivo, ma riducesse i suoi deficit in linea con quanto richiesto da Bruxelles, allora il Paese avrebbe ancora diritto al TPI secondo Chiara Zangarelli, economista europea presso Morgan Stanley.

La presidente della BCE Christine Lagarde, interrogata sul TPI dopo la riunione di fissazione dei tassi di giovedì 11 aprile, ha affermato che essere soggetti a una procedura di disavanzo automatico è una “condizione alternativa” che verrebbe presa in considerazione nel valutare se un Paese è idoneo.

Un portavoce della Bce ha affermato che ciò significa che nessuno Stato sarà squalificato solo perché soggetto a una procedura di disavanzo automatico.

Luca Mezzomo, responsabile dell’analisi macroeconomica di Intesa Sanpaolo, ha affermato che la prospettiva di un ampliamento dello spread sui titoli italo-tedeschi a 10 anni a causa delle preoccupazioni sull’idoneità dell’Italia al TPI è da considerarsi “irrazionale”.

I conti pubblici italiani ancora nel mirino degli investitori

Anche se quella della fuga dalle obbligazioni italiane resta un’ipotesi estrema, le considerazioni degli investitori sul debito e sui livelli di deficit del nostro Paese sono molto attente.

Il piano economico pluriennale di Roma pubblicato la scorsa settimana ha previsto che il debito pubblico, già proporzionalmente il secondo più alto nella zona euro, sarebbe aumentato ulteriormente fino al 2026 , rendendo difficile il rispetto dei requisiti dell’UE senza una dura azione correttiva. Anche il deficit è stato aggiornato al rialzo.

Intanto, nel suo World Economic Outlook, il Fondo monetario internazionale stima che il debito continuerà a salire fino al 2029, raggiungendo il 144,9% della produzione nazionale dal 137,3% dello scorso anno.

Franziska Palmas, economista senior di Capital Economics, ha affermato che questi problemi significano che c’è una forte possibilità che l’umore nei confronti dell’Italia “diventi più aspro nel prossimo anno o giù di lì”.

Con la Bce che dovrebbe chiudere entro la fine di quest’anno il programma di acquisto di obbligazioni PEPP lanciato durante la pandemia, i mercati potrebbero scontare la possibilità che il TPI venga attivato ad un certo punto, ha affermato Fabio Balboni, economista senior di HSBC.

In sintesi, sull’Italia continua a pesare un clima di scetticismo. E il motivo sono, ancora, i conti pubblici, questa volta resi più precari anche da un contesto internazionale assai complesso e ricco di sfide insidiose.

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